Qual è la spiegazione del finale del formidabile thriller C’era due volte di Franck Thilliez, pubblicato in Italia con Fazi Editore e con la traduzione di Federica Angelini dall’originale Il était deux fois? Si può rimanere un po’ disorientati dalle ultime pagine, che scorrono veloci e dense di avvenimenti e rivelazioni, richiedendo una seconda lettura e qualche capatina ai vari capitoli precedenti. Questa recensione, ça va sans dire, sarà pregna di spoiler e quindi si rivolge in modo particolare a chi cerca di soffermarsi sull’enigma nell’enigma di questo magistrale lavoro.
Sì, perché per quanto mi riguarda è stata una lettura appagante e soddisfacente: finalmente un buon thriller dopo tante letture come La casa dei ricordi di Carrisi oppure Il destino dell’orso di Correnti, che mi hanno ampiamente deluso per via di voragini di trama, poca attenzione nella costruzione solida della storia e personaggi poco interessanti. E noia. Con Thilliez, invece, le vicende misteriose sono gestite con sapienza dall’autore che è sempre consapevole della direzione che sta mantenendo, comprese le false piste e gli indizi disseminati lungo il tragitto. La fine è potente e al contempo avvolta da una nebbia che richiede un po’ di sforzo al lettore, ma prima:
trama di C’era due volte in una frase – Alpi francesi, il tenente Daniel Moscato si risveglia in uno squallido hotel con un buco di memoria lungo dieci anni e così deve risolvere l’enigma della ricerca disperata della figlia scomparsa e anche ricostruire gli ultimi anni della propria (disastrosa) vita, facendo i conti con un mondo che non riconosce e che gli è spesso ostile.
Come ogni thriller ben scritto, in questo romanzo si identifica subito la situazione e così ci si concentra sul gioco delle verità e delle rivelazioni. Ho apprezzato la gestione delle (necessarie) oscurità di ogni personaggio e l’equilibrio del ritmo imposto tra i passi più d’azione e quelli in cui è necessario rallentare. Questa prima parte senza spoiler si ferma qui, mi limito ad esprimere il voto, che è alto visto che è un libro più che consigliato a chi cerca un bel thriller con personalità e senza i troppi luoghi comuni che rimangono aggrappati a questo genere:
Voto: 8/10
Un ultimo consiglio: leggete prima Il Manoscritto dello stesso autore: questo è un romanzo fruibile a se stante, ma senza la base del precedente si può apprezzare solo in modo parziale. E ora, dopo la copertina, la parte spoiler(issima) con la spiegazione del finale.

Che diavolo significa il finale di C’era due volte – lo spiegone
Va bene, c’è il finale lineare della storia, con l’orrida scoperta del corpo plastinato della povera Julie vendicata dall’incendio che si porta via l’immonda collezione di Kalinin. Finito così? Sì. E no: c’è un epilogo che riprende la storia de Il Manoscritto e la ribalta, aggiungendo informazioni e dettagli che ricadono anche su C’era due volte.
In primis, l’enigma delle prime lettere di ogni capitolo: basta seguire questa semplice indicazione per comporre la frase
Lo scrittore Caleb Traskman è vivo e forse voi lo avete incontrato tra queste pagine
Sarò sincero, al primo incontro con il figlio di Traskman, quell’indugiare dell’autore sul fatto che sembra più vecchio della propria età e che non ci siano foto o altre testimonianze recenti dello scomparso, mi stava facendo propendere per la sostituzione di persona figlio-padre. Invece no, questa frase composta si collega direttamente all’epilogo alternativo de Il Manoscritto e allora un pensiero balena fisso: Caleb Traskman è vivo perché ha preso il posto di suo fratello gemello, ovvero proprio uno dei due protagonisti, Gabriel.
Gabriel rintraccia Caleb, ma viene ucciso dal fratello gemello con la sua pistola “da poliziotto” e dunque viene inscenato il finto suicidio per coprire il tutto, negli anni 2017-2020 quando il libro ci dice che Gabriel è lontano da tutti al Nord. È stato infatti Caleb a rapire Julie e tenerla nascosta nella famosa stanza segreta del proprio esclusivo appartamento, salvo innamorarsi di lei per davvero: la ragazza ha dimostrato strani comportamenti, come dimostrato dal filmino nell’hotel con Louise e successivo ricatto, quindi non sarebbe così fuori contesto avesse una relazione col gemello del padre.
Gabriel non è l’unico ad essere riuscito a rintracciare Caleb, c’è anche il Corvo/David che lo tormenta ed è per questo motivo che ritorna a Sagas, per finire il lavoro e dunque vendicare Julie dai tre mostri, sotto le mentite spoglie del gemello. In realtà, però, il Corvo ha come obiettivo quello di colpire Corinne, la madre di Julie, reputata responsabile della morte della propria madre. Infatti, prima di suicidarsi, David si rivolge a Gabriel/Caleb dicendo “Non era contro di te”: se avesse o meno riconosciuto Caleb poco importa, lui non era il suo obiettivo.
Rimane un grosso dubbio su questa teoria: se confermata, Gabriel/Caleb ha mentito tutto il romanzo al lettore tramite il narratore: è un comportamento accettabile che l’amnesia sia stato uno stratagemma di Caleb per pararsi le spalle? E che i riferimenti alla figlia invece si rivolgessero a una figura amata e perduta? La scarsa empatia di Gabriel nei confronti delle famiglie coinvolte e anche la sua efferatezza quando c’è da utilizzare la violenza lasciano altri indizi su questa interpretazione. Paul afferma infine come Gabriel ritorni a Sagas in concomitanza poco spiegabile con gli uccelli, proprio come “La morte nera”.
Credo proprio che ci sarà un terzo libro, che spiegherà il tutto oppure non lo farà, ribaltando ancora la situazione come solo Thilliez sa fare.