La casa delle luci di Donato Carrisi (Longanesi) prosegue la serie con protagonista Pietro Gerber e aggiunge nuovi tasselli (perdendone per strada altri) a vicende che si tengono per mano da un romanzo all’altro: la delusione del precedente La casa senza ricordi mi aveva portato ad attendere una risposta letteraria dell’autore a una storia che aveva lasciato troppo in sospeso, poggiandosi su soluzioni poco credibili per essere accettate. Il nuovo lavoro non cambia sentiero, riuscendo finalmente a concludere nell’ultima pagina un qualcosa di iniziato con la prima, ma dimenticandosi (o, fingendo di dimenticare) troppi particolari.
Trama de La casa delle luci in un paragrafo – L’addormentatore di bambini Pietro Gerber ipnotizza e ricostruisce la storia di Eva, una bambina che sembra tenuta in scacco da un pericoloso amico immaginario. Il protagonista si vedrà coinvolto in prima persona visto che sembra legato in modo indissolubile a questa entità misteriosa, al centro di un tragico avvenimento del proprio passato.
Sono bastate poche pagine per far emergere due considerazioni: la prima è un’incongruenza, la seconda è un dubbio sul protagonista e sul suo percorso all’interno dei romanzi.
L’incongruenza: il piccolo Pietro indossa una maglietta di Pikachu, ma siamo nell’estate del 1997 in Italia e ciò è impossibile dato che in quel momento i Pokémon erano presenti solo in Giappone con i primi videogiochi e con una serie animata appena trasmessa su Tv Tokyo. La maglietta è addirittura sbiadita, quindi usata per lungo tempo, qualcosa non torna. Piccolezza, vero, ma dopo il caso analogo comparso in Morsi di Marco Peano viene da chiedersi se gli editor e correttori di bozze non verifichino adeguatamente riferimenti della cultura popolare prima della pubblicazione di romanzi che saranno letti dal grande pubblico.
Il dubbio: non ci sono grossi spoiler perché è letteralmente la prima pagina, Gerber “muore” da bambino dopo un incidente domestico, con il suo cuore che si ferma per interminabili secondi prima di riprendere a battere grazie all’intervento del padre. Un fatto che in questo romanzo è descritto come molto importante per l’addormentatore di bambini, tanto quanto la sparizione del povero Batigol. Perché questi due avvenimenti non vengono mai menzionati nei romanzi precedenti? Perché fatti così sconvolgenti e segnanti non hanno una loro forte presenza anche negli altri thriller con Gerber? Ho ripreso in mano i due romanzi precedenti, ci sono due passi che mi hanno lasciato interdetto, ora che è stato pubblicato il terzo.
Da La casa delle voci:
«Sai, pensavo di riaprire la villa di Porto Ercole l’estate prossima e volevo invitare te, Gloria e le ragazze.»
Non era vero. Odiava quella casa. Era piena di inutili ricordi. Ma perché non l’aveva ancora messa in vendita?
Piena di inutili ricordi? Il terzo romanzo è incentrato proprio su quei due avvenimenti occorsi nell’estate del ’97 proprio li – l’incidente e la sparizione di Batigol – mentre nel primo sembra che non sia mai capitato niente di che. Questo passo è invece da La casa senza senza ricordi:
«Ad esempio, puoi provare a volare» affermò il signor F., mostrandosi serio.
«La vedi quella finestra?» gli indicò il signor R. «Aprila e salta giù. Se ciò che ti circonda non è reale, ti sveglierai. Se lo è, al massimo ti romperai una gamba.»
Pietro li squadrò uno per uno, cercando di carpire una loro reazione o aspettandosi che uno di loro si tradisse. Poi ruppe gli indugi, mollò la carta col cieco e sollevò il bicchiere col vino. «’Fanculo il Malleus Animi, non mi serve buttarmi di sotto! Domani sera ho un appuntamento con una turista olandese che ho rimorchiato stamattina alla Galleria dell’Accademia: a seconda che si presenti o meno, avrò la mia risposta.»
Me lo ricordavo questo passo e infatti alla prima pagina de La casa delle luci sono andato a recuperarlo. In questa scena c’è il giovane Pietro con i colleghi-amici del padre e con lo stesso Signor B. ben presente, sono passati pochi anni dall’incidente del balcone in cui Pietro è caduto, si è rotto una gamba ed è stato rianimato dal padre perché era andato in arresto cardiaco. Una frase del genere in cui si parla di saltare giù da una finestra e rompersi al massimo una gamba sarebbe stata credo fuori luogo, nemmeno un po’ di tatto da parte loro? E quanto è credibile che sia Pietro sia il Signor B. non abbiano reazioni dopo averla ascoltata, ammesso e non concesso che gli altri non fossero a conoscenza del fatto?

Ho una teoria: Donato Carrisi sta scrivendo la serie di Pietro Gerber senza avere un’idea globale di tutto ciò che è avvenuto nella storia dei personaggi principali, altrimenti avrebbe lasciato indizi relativi a ciò che di sconvolgente sarebbe poi stato rivelato nel terzo romanzo anche nei precedenti. Invece, sembra che questi fatti (incidente + sparizione di Batigol) siano stati inventati dall’autore dopo la pubblicazione del primo e secondo romanzo, causando discrepanze e incongruenze coi precedenti.
E debolezze: Hanna Hall mette in difficoltà Pietro nel primo romanzo, attingendo a fatti del suo passato, dunque diventa poco credibile che non abbia sfruttato in alcun modo questi fatti e, anzi, vada a pescare un avvenimento minore occorso nella casa di Porto Ercole con protagonisti Pietro e Isco, ovvero il ricordo delle orme sulle scale. A proposito di Hanna Hall, continuare a lasciarla così sullo sfondo – seppur carica di forza e di potenza – credo sia controproducente e con l’andare dei vari capitoli della serie la sta relegando al dimenticatoio. Sicuramente ci sarà un nuovo romanzo con Gerber, sarà il momento per saperne di più?
In generale, questo thriller si fa leggere bene, anche se sto trovando fastidioso e pernicioso l’atteggiamento di molti autori che creando tante aspettative e misteri per poi risolverne solo una parte: una mancanza di rispetto nei confronti del lettore, che però spesso e volentieri si accontenta di essere intrattenuto per centinaia di pagine e non importa se tutto si conclude con un finale aperto senza spiegazioni né indizi, ma con la porta spalancata a un nuovo capitolo.
Onore a Carrisi per aver quantomeno aperto e chiuso la vicenda di Batigol, con un bel colpo di scena che risolleva in parte la sensazione finale, ma per quanto mi riguarda tutte queste incongruenze e una mancata coerenza con i romanzi precedenti penalizzano questo romanzo: