Mi sono talvolta imbattuto nel nome di Piergiorgio Pulixi tra segnalazioni di librerie, premi letterari e recensioni (sempre piuttosto entusiaste) e ho così deciso di leggere un suo lavoro. Ho pescato il recente Per mia colpa, edito da Mondadori, un noir che si concentra soprattutto sul lato psicologico dei protagonisti, in modo particolare sull’universo femminile. La lettura è stata gradevole, anche se un alcuni elementi della trama non mi hanno convinto.
Trama di Per mia colpa in un paragrafo – Cagliari, la piccola Elisa si reca alla questura per spronare le autorità a ritrovare la mamma, Virginia Piras, scomparsa nel nulla da più di un anno. A prendersi a cuore questo cold case è la vicecommissaria Giulia Riva, supportata (ma non troppo) dal problematico ispettore Flavio Caruso. La ricerca della verità viaggia parallela – e talvolta perpendicolare – alle vicissitudini sentimentali della protagonista e un evento traumatico capitato al collega.
In un’intervista sul sito Mondadori, Pulixi spiega che “Questa è una storia che parla dei fantasmi della colpa. […] Come lettore, ho sempre amato i gialli e i polizieschi dove più che osservare come l’investigatore lavora sul caso, si scruta come il caso lavora sull’investigatore“. In effetti, la storia si dipana lineare alternando capitoli narrati in prima persona dal punto di vista della vicecommissaria ad altri in terza persona incentrati sulle vicende della donna scomparsa, Virginia. Il caso spesso scivola sullo sfondo, lasciando in primo piano l’evoluzione tra i rapporti.
Questo è il primo pregio del romanzo, che non si complica la vita, mettendo sul piatto pochi e chiari elementi. C’è soprattutto Giulia Riva, che si divide tra il cold case da scongelare per mantenere la promessa alla piccola Elisa e l’allontanamento dallo spiacevole ruolo di amante del proprio capo sul posto di lavoro. Ci sono i fatti dell’anno prima, che appaiono con cadenza regolare e aggiungono un tassello dopo l’altro a cosa è accaduto, delineando il profilo di Virginia. C’è anche la lenta discesa nell’abisso del nulla di Flavio, abbandonato all’alcol e alla disillusione seppur caricandosi sulle spalle il ruolo di elemento comico della storia. Il luogo della storia è altrettanto presente e importante: Cagliari è viva e pulsante, trasuda l’amore dell’autore per la città, qualcosa che mi ha ricordato la Barcellona delle opere del compianto Carlos Ruiz Zafón.
La tematica del senso di colpa è coerente nel percorso dei personaggi e ho percepito l’impegno dell’autore di voler creare il massimo dell’empatia con i lettori, a volte con un po’ troppo sforzo: rimango convinto che sia sempre tutto il sotterraneo del non detto e dello spazio tra le righe a creare i rapporti più intensi e i legami con i personaggi. Mi è risultato un po’ difficile avvicinarmi ai personaggi, in primo luogo perché manca un contraltare luminoso a rendere i drammi ancora più penetranti. I momenti di leggerezza vengono infatti affidati a Flavio, che però ho trovato trasformato alla lunga in una macchietta comica spesso tirata. Non ho molto apprezzato come i personaggi principali siano tutti di bell’aspetto, spesso accompagnati da descrizioni o particolari a caricarli di fascino, con l’apice raggiunto da Raffaele che – purtroppo – è un mix di cliché: bellissimo in ogni singola parte del corpo, voce profonda, talenti artistici, comportamento sicuro e spavaldo nonostante i demoni interiori e così via.
Detto questo, Pulixi ha curato un buon prodotto e la storia si fa leggere bene quindi l’esito finale è positivo, ma non credo possa definirsi una lettura che stravolge:
Voto: 6
Anche perché ci sono alcuni dettagli di trama che non mi hanno affatto convinto, ma si prosegue nella parte spoiler dopo la copertina.

Dettagli di trama – parte spoiler
Poco prima della fine del romanzo, l’autore scrive esplicitamente che nessuno sapeva e nessuno si fosse accorto della relazione clandestina tra la donna scomparsa e il giovane bellissimo super affascinante tormentato, e viene ribadito poco dopo, con una serie di affermazioni alle quali mi risulta difficile credere per vari motivi:
I due amanti si incontrano e si ritrovano nel medesimo ristorante, un cameriere nota Virginia in lacrime, subito prima che riveda l’amato Raffaele: più in là nella storia si capisce come la scomparsa sia diventata una vicenda nota anche per via dell’interesse della stampa, possibile che nessuno abbia memoria di quel particolare doppio incontro nello stesso ristorante? E che nessuno li abbia mai visti nei loro frequentissimi incontri presso la mansarda di lui, al concerto o durante le passeggiate?
Virginia acquista due cellulari con sim prepagata per comunicazioni riservate con Raffaele, ma tale tecnologia, molto popolare in serie tv d’importazione, non è legale in Italia e non esiste, a meno che non si considerino le sim anonime che però sono roba ben diversa e altamente illecita e non così facilmente reperibile.
L’anziana madre di Raffaele è la colpevole, rapisce Virginia attirandola in casa e tenendola prigioniera per un anno nel seminterrato isolato acusticamente visto che era lo studio di registrazione del figlio. Una situazione piuttosto estrema, un piano orchestrato davvero molto bene se si considera che si parla di una signora di una certa età. Mentre leggevo quelle pagine pensavo al fatto che la polizia non ha mai, evidentemente, localizzato le ultime posizioni del cellulare di Virginia, un buco strano, perché credo sia la prassi in caso di scomparsa per restringere le aree di ricerca.
Infine, la multa segnalibro, ritrovata da Giulia quasi per caso in una moltitudine di volumi. É la grossa svolta dell’enigma, tanto che alla sua prima apparizione nel romanzo – nel mezzo della prima parte – mi ha sorpreso che la vicecommissaria non l’avesse considerata troppo, nonostante la data fosse vicina alla sparizione, suggerendo che si trattasse di una “pistola fumante”.